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Quattro Conservatori di Siena (Granducato di Toscana)

L’istituzione ha assunto nel corso del tempo le seguenti denominazioni:

Quattro Conservatori dello Stato Senese (1561-1786)

Ufficio Generale delle Comunità (1786-1808 e 1815-1825)

Camera di Soprintendenza Comunitativa (1825-1848)

Il 1° febbraio del 1561, Cosimo I (dopo la caduta della Repubblica Senese), nella sua “Riformatione del governo della Città e Stato di Siena”, istituì la nuova magistratura “I Quattro Conservatori della città e Stato di Siena”; la Riformatione, insieme ad alcune disposizioni emanate il 28 aprile del 1562, stabiliva le prerogative, le competenze e i doveri di questa nuova magistratura. Questa aveva il compito di esercitare il controllo su Comunità, Comunelli e luoghi pii dello Stato, che sino ad allora erano stati sottoposti alla Balia e ai Regolatori. Seguendo il modello dei Nove Conservatori della Giurisdizione e del Dominio Fiorentino, il Magistrato dei Quattro Conservatori si occupava della supervisione dei moltissimi affari attinenti la gestione economica, finanziaria, politica e sociale delle comunità locali e dei luoghi pii appartenuti al territorio dello Stato nuovo, rappresentando il referente istituzionale principale con incarichi operativi e di controllo sull’organizzazione del territorio.
La nomina dei Quattro Conservatori spettava al Principe, che ne sceglieva uno per ciascuno dei “Monti” in cui si dividevano i cittadini.
La durata della carica era di una anno e il compito principale di essi era la vigilanza sulla buona amministrazione delle Comunità dello Stato. Tutti i proventi dovevano riunirsi nelle mani dei Camerlenghi (o Camarlenghi) comunitativi e convertirsi in utile per le rispettive comunità.
I conservatori dovevano anche provvedere alla revisione delle entrate e delle uscite, vigilare che le Comunità non alienassero in perpetuo i loro beni e non li sottoponessero a servitù o altri pesi di lunga durata.
Appena entrata in funzione, la nuova magistratura provvide per mezzo di bandi approvati dal sovrano a regolare l’imbrogliata matassa della vita amministrativa delle Comunità. Si dettero disposizioni per limitare le spese di ambasciatori comunitativi, ordinando che le loro notule si scrivessero nei libri delle Comunità. Ogni quindici giorni dovevano essere presentati ai Conservatori gli elenchi dei debitori delle Comunità. La gestione del denaro pubblico fu riservata esclusivamente ai Camarlenghi, che, insieme a quelli dei luoghi pii secolari e ospedalieri, dovevano renderne conto ai Conservatori entro quindici giorni dalla loro uscita di carica.
Si definirono con precisione tutti gli obblighi e funzioni dei Camarlenghi, fino ad allora confusi e discordanti. I Camarlenghi: pagavano i salari degli altri ufficiali comunitativi e liquidavano le spese pubbliche, rimettendo ai successori gli eventuali avanzi di cassa, avevano l’obbligo di riscuotere il grano dei terratici, di fare i bossoli per le elezioni dei sindaci. Non potevano eleggere rettori di chiese, cappelle, opere pie, ospedali e confraternite senza l’assenso dei Conservatori. Inoltre risultavano nulle le accuse che non fossero presentate direttamente ai giusdicenti locali. I Conservatori dovevano controllare che gli ufficiali comunitativi non fossero parte palese o nascosta nei contratti che avessero per oggetto i beni delle Comunità. Tutti questi bandi, erano emanati a nome del sovrano e col consiglio del Governatore e venivano inviati per la pubblicazione ai Capitani di Giustizia e ai Potestà di Sarteano e Castelnuovo.
In questo periodo, infatti, lo Stato di Siena era diviso nei Capitanati di Grosseto, Massa, Chiusi, Sovana, Montalcino, Pienza, Radicofani e Casole e nelle podesterie di Sarteano e Castelnuovo Berardenga.
Nel 1573, il governatore conte Federigo di Montauto, insieme con i Conservatori emanò nuove disposizioni relative ai doveri dei Camarlenghi. Questi avevano l’obbligo di tenere un libro delle vendite, fide e terratici, crediti e debiti comunitativi, su cui il cancelliere doveva fare le relative annotazioni. In un altro libro i notai dovevano trascrivere gli atti e contratti di interesse pubblico, con facoltà, per le Comunità minori, di tenere un libro comune per tali oggetti.
Con tutti questi provvedimenti, i Conservatori riuscirono a riordinare la caotica amministrazione comunitativa.
Spesso però, il potere centrale interferì sulla giurisdizione dei Conservatori, sottraendo ad essi varie materie, per riservarle ai giusdicenti che rappresentavano localmente il potere sovrano.
Nel 1588, il granduca Ferdinando I, riformò il magistrato dei Conservatori. Fu stabilito che uno di essi fosse dottore, che i Conservatori risiedessero ogni mattina nel loro ufficio per dare udienza; dovevano trattare: gli affari relativi a Comuni, Comunelli, Fraternite, Opere e Luoghi Pii, vigilare sull’amministrazione economica delle Comunità, sui palazzi pubblici, sulle case, mulini, oliviere, bandite e poderi demaniali, sulla condotta del Provveditore, Cancelliere e del Camarlingo facenti parte del loro organico. Molte delle precedenti disposizioni furono confermate. Le adunanze dei Conservatori non erano pubbliche e vi potevano assistere solo il Cancelliere, un coadiutore e il Provveditore. Se c’era discordia di pareri, la decisione spettava al Governatore.
Le riforme del 1573 e del 1588 dettero alla magistratura dei Conservatori la sua forma stabile. Oltre ai Quattro Conservatori, di cui uno era Priore, vi era il Provveditore di nomina sovrana, con il compito di sorvegliare il buon andamento dell’ufficio, provvedere alla Cancelleria, vigilare sugli edifici pubblici delle Comunità e luoghi pii, ecc. Per i restauri delle fabbriche i Conservatori potevano spendere fino a 10 scudi; per le somme maggiori occorreva il consenso del Governatore. Essi avevano sotto di sé, per tali opere, capimaestri fissi e poi anche ingegneri.
Il Cancelliere, era un notaio eletto dal principe, addetto alle deliberazioni, lettere e sentenze. Nelle sue mansioni doveva essere aiutato dal sotto-cancelliere che era anche lui un notaio nominato dal principe. Vi erano poi due coadiutori, nominati anch’essi dal Sovrano. Per l’amministrazione finanziaria della magistratura vi era il Camarlengo di nomina sovrana. Il personale subalterno era composto da: un portatore, un misuratore dei grani (che doveva presenziare alle distribuzioni dei grani fatte per ordine del Governatore e dei Conservatori, ricevere quello versato dalle Comunità nei granai pubblici). Gli avanzi di cassa, dovevano andare alla Depositeria generale, e quelli dei luoghi pii al Camarlingo del Monte di Pietà. Vi era infine uno scrivano (aiuto del Proveditore) che aveva sotto di sé altri tre scrivani subalterni. Erano tutti cittadini senesi nominati dal Governatore. Due famigli e alcuni tavolaccini, eletti dai Conservatori, concludevano il personale.
Per quasi un secolo non vi furono innovazioni. Solo nel 1686, dopo la visita del Cardinale Francesco Maria de’ Medici a Siena, furono apportate piccole modifiche. Una di queste fu la visita periodica dei visitatori nelle varie terre dello Stato; essi dovevano riferire al Governatore e ai Conservatori le necessità di queste e dei luoghi pii, raccogliendo informazioni dalle magistrature comunitative e dai giusdicenti locali.
Per tal motivo, il territorio venne diviso in cinque parti, per ciascuna delle quali vi era uno speciale visitatore. Anche i Capitani e Podestà dovevano effettuare visite nelle terre e castelli a loro sottoposti e riferire al Governatore ed ai Conservatori.
Nel 1691 si venne ad una più regolare divisione del territorio in Capitanati, Podesterie e Vicariati, che facilitò il disbrigo di tutte quelle mansioni sopraindicate.
Nella prima metà del XVIII secolo, quando si instaurò un clima di generale decadenza economica, molti dei Podestà e Vicari, divenuti ormai un peso per le finanze delle Comunità, vennero eliminati; i loro stipendi furono utilizzati per i bisogni locali.
Anche la riforma leopoldina del 1759 non apportò grosse modifiche. Invece, con le leggi del 1765 e 1766 fu diviso in due l’antico Stato senese. La Provincia inferiore andò così a comprendere i capitanati di: Grosseto, Massa, Sovana e Arcidosso, le contee di Scansano, Pitigliano e Sorano, S. Giovanni, Castellottieri e S. Fiora e il Marchesato di Castiglione della Pescaia e Isola del Giglio. Tale decisione fu presa per dare una mano alla Maremma senese che durante il governo mediceo, ed in particolare nei secoli XV e XVI, era stata devastata dalle guerre andando sempre più spopolandosi e impoverendosi.
Il 28 ottobre 1777, una nuova riforma andò a limitare ulteriormente le competenze dei Conservatori, dando maggiore autonomia alle Comunità. Alla magistratura comunque, spettò sempre la giurisdizione sui fiumi, bagni pubblici, mulini acque e paludi della Provincia Superiore, trasferendo in esse anche quelle mansioni che prima erano della Biccherna. Venne disposto che facesse parte del magistrato l’Auditore del Magistrato Supremo del Concistoro, che sostituì così il corrispondente ufficio attribuito in origine al Giudice Ordinario.
Nel 1786 le loro competenze passarono all’Ufficio Generale delle Comunità che si mantenne fino alla riforma francese.
Nel 1815, venne restaurato il magistrato col nome di Ufficio Generale delle Comunità. Fu, però soppresso definitivamente nel 1825, quando fu creata la Camera di Soprintendenza Comunitativa che restò in carica fino al 1848. Al suo posto subentrò la Prefettura.

Produzione cartografica

Per quanto riguarda il fondo vero e proprio dell’ASS, Quattro Conservatori, le serie di maggior interesse dal punto di vista cartografico sono le seguenti: XV, Acque, strade e fabbriche civili nn. 1944-2092 (sottoserie: XVa, Affari Generali nn. 1944-1960, diciassette filze di provvedimenti, carteggi e piante relative a strade regie, provinciali ed anche urbane dal 1620 al XIX secolo; sottoserie XVm, Val di Chiana nn. 2062-2073, dodici filze e registri di visite, carteggi, misurazioni, tassazioni, piante relative soprattutto alla bonifica della Val di Chiana; sottoserie XVn, Maremma nn. 2074-2076, tre filze riguardanti il fosso Navigante, il padule di Grosseto, il Lago di Castiglione della Pescaia, l’Ombrone e la bonifica grossetana in genere dal 1695 al 1741; sottoserie XVp, Strade Romana, Lauretana, Grossetana e Aretina e Ponti grandiosi nn. 2077-2090, quattordici filze relative ai lavori alla strada romana, grossetana, aretina e alcuni ponti dal 1750 al 1805; sottoserie XVb (periodo 1667-1778), Affari Generali, Relazioni di Ingegneri nn. 1961-1974, quattordici filze contenenti relazioni, perizie, progetti e piante redatti da ingegneri e capimaestri dal 1667 al 1778.
Serie XII, Confinazioni nn. 1722-1739, diciotto filze e registri di terminazioni di territori comunali, bandite, proprietà private e luoghi pii dal 1491 al 1821.
Serie XIII, Estimi vari nn. 1740-1746, sette filze e registri di frammenti catastali, lire e “tavolature” di beni delle comunità e luoghi pii dal 1570 al 1786; Serie XIV, Affari di Comunità e luoghi pii nn. 1747-1943, si tratta di serie diverse costituite da frammenti degli archivi di vari uffici pendenti dai Conservatori; di questa, rilevante la sottoserie Notizie di Comunità, feudi e bandite dello Stato Senese (nn. 1747-1759) riguardante confinazioni, contratti, visite, ecc.
La ricca raccolta delle mappe dei Quattro Conservatori, esclusivamente iconografica, è da collegarsi direttamente al fondo Quattro Conservatori numeri 3052, 3053 e 3054 (corrispondenti rispettivamente al tomo I, II, III della raccolta). Si tratta di 292 pezzi (di cui 11 non reperibili, una di queste da me recentemente individuata ma fuori collocazione) che costituiscono solo una minima parte del ragguardevole nucleo di cartografia conservato ancora all’interno delle oltre 3000 filze di cui si compone attualmente il fondo.
La suddetta raccolta comprende mappe relative a confinazioni, questioni di acque, cartografia prediale, viabilità, miniere e opifici, rilievi architettonici (cfr. Vichi, 1990).

Operatori

Martino Biselli (1599); Antonio Beringucci (1603); Niccolò Sergardi (1604); Fulvio Bambagi (1608); Francesco Novellini (1654-1670); Andrea Bardini (capomaestro, 1663-1680); Mattio Dolfi (1669); Benedetto Giovannelli (1676); Niccolò Franchini (capomaestro, 1683-1703); Mario Fabrazoni (1683-1694); Bartolomeo Amidei (perito, 1688); Apelle Ottavio Lanci (perito, 1690); Lorenzo Biagioli (1693-1705); Jacomo/Giacomo Franchini (capomaestro 1693-1727); Vittorio Amedei Pollini (1696); Tommaso Bandinelli (XVII sec.); Sandro Petrucci (XVII sec.?); Pier Antonio/Antonio Morozzi (ingegnere, 1698-1705); Romolo Gangheri (1701); Francesco Felice Spagnoli (1702); Domenico Domenici (perito, 1703); Francesco Piccolomini (1704); Pier Antonio/Antonio Montucci (ingegnere, 1709-1742); Orazio Amidei (ingegnere?, primi ‘sec. XVIII); Domenico Iapinzi (1715); Domenico Rusconi (capomaestro, 1721); Camillo Parigini (1723); Giovanni Franchini (capomaestro?, 1723-1738); Curzio Novellini (1723-1746); Giovanbattista Casini (1728-1752); Andrea Pagni/Pagno (1733); Antonio Tani (agrimensore, 1735-1776); Giovanni Maria Martinelli (Cancelliere, 1740-1750); Giuseppe Montucci (ingegnere, 1741-1765); Fabiano Fabiani (perito, 1743-1744); Giacomo/Jacomo Migliori (perito, 1746); Carlo Buti (perito, 1747); Francesco Bochi (1750); Giuseppe Minacci (capomaestro?, 1751-1765); Carlo Maria Cassigoli (1752); Belisario Bulgarini (Provveditore, 1755-1771); Florenzio Razzi (ingegnere, 1756-1784); Luigi Zaccheri (1759-1762); Sebastiano Minacci (soprintendente ai lavori, metà sec. XVIII); Francesco Campana (agrimensore, seconda metà sec. XVIII); Giuseppe Buoninsegni (1766-1774); Alessandro Nini (ingegnere, 1767-1805); Angelo Razzi (1769); Anton Gaetano Spagnoli (1769); Bernardino Fantastici (ingegnere e provveditore di acque e strade, 1769-1796); Giuseppe Giomarelli (1772); Domenico Antonio Schiavi (1772); Pietro Mulinari (perito, 1775); Luigi Sgrilli (1775-1792); Francesco Boddi (perito agrimensore, 1780); Saverio Guazzini (perito, 1786); Andrea Meconcelli (perito, 1786); Luigi Restrelli (perito, 1787); Angelo/Angiolo Piazzi (agrimensore, 1791-1809); Angelo Bossini (fine XVIII sec.); Francesco Fineschi (XVII sec.); Giovanni Paglia (XVII sec.); Domenico Salmicesi (XVIII sec.); Giovanni Ginanneschi (1808); Luigi Barzellotti (1808); F. Bambagini (1809); Valentino Papei (1809); Arcangelo Troiani (?).

Riferimenti bibliografici e archivistici

Archivio di Stato di Siena, 1951; Liberati, 1928-29; Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, 1994; Marrara, 1961; De’ Colli, 1963; Zarrilli, 1990; Vichi, 1990; ASS, Quattro Conservatori.

Giovanna Tramacere (Siena)

Consorteria del Padule d’Orgia (1303-metà XIX secolo) (Granducato di Toscana)

Il “Padule d’Orgia” era il termine che veniva abitualmente usato per indicare quella serie di “Pantani” distanti “dalla città di Siena miglia 6 in circa verso la Maremma racchiusi tra le riguardevoli ville di Stigliano, Torri, Rosia, Malignano, Ampugnano, Bosco delle Lame, Piano della Ficarella, le Seghalaie che sono per la maggior parte terre lavorative” (Baccinetti, 1936, p. 7) in conseguenza del difficile smaltimento delle abbondanti acque che scendevano dalla Montagnola Senese.
Fin dal Medioevo il distretto fu oggetto di molteplici interventi idraulici. A tal proposito, i principali possidenti delle zone interessate, istituituirono la “Consorteria del Padule d’Orgia” la quale, dotata di un proprio statuto (Statuto della Società del Piano d’Orgia, 1303-1375), avrebbe dovuto promuovere tutta quelle serie di iniziative volte alla risoluzione dei principali problemi idraulici della pianura. Uno fra tutti era il costante mantenimento dei diversi torrenti e canali che si gettavano nel fiume Merse provenendo dalla pianure a nord.
Alla fine del XVII secolo, in virtù delle costanti lamentele dei proprietari di terreni posti lungo il corso superiore del torrente Serpenna, costretti a subire frequenti esondazioni, prese corpo l’idea di un progetto per garantire lo scolo costante del fiumiciattolo. A questo si ricollega il disegno elaborato nel 1782 probabilmente da Alessandro Nini. L’intervento, che prevedeva l’escavazione di un alveo del torrente nel tratto più vicino al fiume Merse, scatenò l’ira dei proprietari adiacenti al tratto più direttamente interessato dai lavori (in particolare quelle del Marchese D’Elci), fortemente contrari all’operazione soprattutto riguardo al reparto delle spese. Tale situazione sfociò in una serie di dispute legali.
Finalmente, nel 1784, venne accettato, da entrambe le parti in causa, un arbitrato nella persona dell’abate Leonardo Ximenes, a cui non erano sconosciuti i problemi di quelle pianure. Il matematico scrisse in proposito un’interessantissima perizia idrometrica: “Relazione, e Giudizio dell’Abbate Leonardo Ximenes sui lavori, che conviene eseguire nella Serpenna da’ Possessori del Distretto, come pure da’ Possessori Superiori”, datata 17 marzo 1785 (ASS, Quattro Conservatori, 2049, ins. Relazioni e Perizie) corredata di quattro disegni eseguiti dagli ingegneri Nini e Fantastici sulla base dei rilievi e misurazioni compiuti direttamente dallo stesso Ximenes nel maggio del 1784.

Produzione cartografica

Pianta della Serpenna dalla sua Foce nella Mersa sino ai suoi Influenti, e di altri Canali che la Costeggiano, Bernardino Fantastici e Alessandro Nini, 1784 (ASS, Quattro Conservatori, Mappe, c. 276).
Profilo del fosso della Serpenna dal suo sbocco nel fiume Merse fino al paletto XX della livellazione postoa al di sopra del ponte al Frasso canne 190 fiorentine, Bernardino Fantastici e Alessandro Nini, 1784 (ASS, Quattro Conservatori, Mappe, c. 277).
Sezioni del fosso della Serpenna nel tronco interposto fra la confluenza del fiume Merse ed il paletto XX della livellazione posto al di sopra del ponte al Frasso canne 190 fiorentine, Bernardino Fantastici e Alessandro Nini, 1784 (ASS, Quattro Conservatori, Mappe, c. 278).
Sezioni del fosso della Serpenna dal paletto XX fino alla via della Querciolaia al di sopra del distretto, Bernardino Fantastici e Alessandro Nini, 1784 (ASS, Quattro Conservatori, Mappe, c. 279).
Profili del Cavo da farsi al Rio della Serpenna dagli Interessati del Distretto, Giovanni Franchi, 1698 (ASS, Quattro Conservatori, Mappe, c. 280).
Pianta d’un tronco del Fiume Mersa, e del Torrente Serpenna nella loro confluenza ove si vedono i lavori, che converrebbe farsi, perché l’Influente si unisca felicemente con il Recipiente, Alessandro Nini (ASS, Quattro Conservatori, Mappe, c. 283).

Operatori

Leonardo Ximenes, matematico granducale (1784); Bernardino Fantastici, ingegnere senese (1784);
Alessandro Nini, ingegnere granducale (1784); Giovanni Franchi, ingegnere senese (1698).

Riferimenti bibliografici e archivistici

Baccinetti, 1936; Barsanti e Rombai, 1986; Vichi, 1990; Repetti, 1839; Fossombroni, 1835;
ASS, Quattro Conservatori, 2049, ins. Relazioni e Perizie; ASS, Quattro Conservatori, Mappe.

Giovanna Tramacere (Siena)

Congregazione degli Interessati del Pian del Lago (Granducato di Toscana)

La Congregazione degli Interessati del Pian del Lago venne istituita fin dal primo decennio del XIV secolo al fine di provvedere alla manutenzione idrica della piccola area umida denominata “Pian del Lago” o anche “Lago di S. Colomba” (dalla località omonima), situata nelle immediate vicinanze di Siena, a nord-ovest, ai piedi delle colline della Montagnola Senese.
Tale organismo, composto dai principali proprietari terrieri dell’area, fu dotato di un proprio statuto nel 1309, in cui si stabiliva che i signori confinanti con la palude dovessero provvedere, a proprie spese, all’escavazione dei fossi di scolo necessari allo smaltimento delle acque stagnanti.
Nel corso delle diverse adunanze tenutesi presso il Tribunale della Mercanzia di Siena, venivano eletti periodicamente un Rettore (o Camarlengo) e due Consiglieri.
I numerosi provvedimenti (ordini, decreti e bandi) emanati nel corso dei secoli XIV-XVII erano finalizzati principalmente alla gestione e alla regolamentazione della fruizione delle risorse (pesca, caccia, semina, pascolo, raccolta, ecc.) dell’area umida e della parte bochiva , denominata la “Silva Lacus”, più che alle operazioni di bonifica. Tant’è che alla fine del XVII secolo, la costante permanenza di acque stagnanti generò una vera e propria palude.
Gli interventi idraulici fino ad allora praticati erano stati per lo più settoriali e contingenti, limitati alla sistemazione e ripulitura (o rimondatura) dei pochi fossi di scolo presenti nell’area; di tale natura furono anche le operazioni compiute negli anni ’90 del XVII secolo e all’inizio del XVIII, volte a contenere una situazione ormai insostenibile.
In questo frangente si colloca la figura dell’ingegner Pierantonio Morozzi, al servizio della Magistratura dei Quattro Conservatori di Siena, autore di molteplici “Accessi” al luogo e relazioni all’interno delle quali sono descritte alcune soluzioni per lo smaltimento delle torbide acque.
Nessun intervento di rilievo comunque venne attuato fino al 1751, allorché prese corpo l’idea di prosciugare totalmente il Pian del Lago. Francesco Barucci, possidente senese, si impegnava per mezzo di una supplica al granduca, di intraprendere a proprie spese tale operazione.
Anche questa nuova proposta finì comunque con un nulla di fatto, nonostante il coinvolgimento del matematico Tommaso Perelli, incaricato dalla Congregazione degli Interessati (fortemente contrari all’intervento) di esprimere il proprio parere sul “Progetto Barucci”.
Un nuovo progetto venne presentato alla Congregazione nel 1760 (si veda il disegno conservato in ASS, Quattro Conservatori, f. 2058) dal signor Giuseppe Cannucci di Siena, ottenendo un nuovo rifiuto.
La situazione subì una svolta decisiva negli anni ’60 del XVIII secolo quando un nobile senese, Francesco Sergardi Bindi, decise di bonificare, a proprie spese, il Pian del Lago.
Gli Interessati del Pian del Lago, ostinatamente contrari all’operazione decisero di far valutare la proposta del nobile Sergardi Bindi al matematico Leonardo Ximenes, impegnato in quegli anni nei principali comprensori di bonifica del Granducato. L’abate, si suppone con l’ausilio del collaboratore Donato Maria Fini, nell’estate del 1765, effettuò ben cinque visite, da cui potè trarre tutte le necessarie informazioni in proposito. Nell’ottobre dello stesso anno la Congregazione del Pian del Lago, dopo aver animatamente discusso sulla relazione dello Ximenes, affidò l’impresa della bonifica del Pian del Lago al Sergardi Bindi.
La direzione dei lavori venne affidata momentaneamente all’ingegnere granducale Alessandro Nini. Le operazioni, che presero il via nel 1766, procedettero avvelenate dalle ostilità e dalle continue e accese dispute fra il Sergardi Bindi e la Congregazione, e furono necessari interventi di periti di parte che produssero numerose perizie, a volte corredate di rappresentazioni cartografiche: nel 1769 fu la volta dei senesi Bernardino Fantastici (per la parte degli Interessati) e Florenzio Razzi ( per il Sergardi Bindi); nel 1776 di Gaetano Conti e Francesco Bombicci; nel 1777 di Gaetano Conti e Bernardino Fantastici.
La bonifica del Sergardi Bindi andò avanti con l’apertura del canale sotterraneo che, nel novembre del 1770, permise di far defluire completamente le acque del Pian del Lago.
Con il tempo però ci si rese conto che il canale sotterraneo non era stato costruito a regola d’arte, tant’è che la zona soprattutto nei periodi particolarmente piovosi ritornava ad essere invasa dalle acque. Ben presto, quindi, ci si rese conto che il problema del Pian del Lago era stato risolto solo in parte e necessitava di operazioni di miglioramento che sollevavano continue proteste e che il suo promotore non era più in grado di sostenere.
Fu così che nel 1777, con Motuproprio sovrano, il granduca Pietro Leopoldo decideva di intervenire, incaricando gli ingegneri Anastasio Anastasi e Bernardino Fantastici di visitare l’area e proporre adeguati interventi. Ma la spinta decisiva fu data dall’intervento di una figura fra le più eminenti dell’epoca: Pietro Ferroni, a cui venne affidata la direzione dei lavori. Grazie anche alla dettagliatissima relazione del matematico (in ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 990), vennero ultimati i lavori di “ristabilimento e rettificazione” del Canale Sotterraneo, a cui prese parte anche l’ingegner Fantastici.
La vicenda si concluse con successo nel 1781. Nel 1788, per la gestione delle spese di mantenimento della fabbrica del Canale Sotterraneo e delle sue dipendenze a carico dei proprietari del Circondario, fu realizzato il “Cartone del Pian del Lago” (Tramacere, 1999-2000, passim).
Dalla documentazione archivistica conservata presso l’Archivio di Stato di Siena si evince che la manutenzione di tutti i fossi di scolo esistenti nella pianura a carico dei “frontisti” della Congregazione venne continuata almeno fino alla metà del XIX secolo.

Produzione cartografica

Pianta del Lago di S. Colomba secondo l’inondazione dei primi giorni di giugno 1765, Donato Maria Fini, 1765 (ASS, Quattro Conservatori. Mappe, c. 260);
Pianta della confinazione dei terreni e del Pian del Lago, Gaetano Conti e Francesco Bombicci, 1776 (ASS, Quattro Conservatori. Mappe, c. 259);
Pianta dei Fossi principali del Pian del Lago…, Bernardino Fantastici [1777-1781] (ASS, Quattro Conservatori. Mappe, c. 267);
Profilo del Fosso Maestro del Pian del Lago…, Bernardino Fantastici [1777-1781] (ASS, Quattro Conservatori. Mappe, c. 268);
Profilo del nuovo Fosso del Pantano dei Giunconi…, Bernardino Fantastici [1777-1781] (ASS, Quattro Conservatori. Mappe, c. 272);
Mappa del Pian Lago e sue pertinenze…, Pietro Ferroni, ottobre 1779 (edita in Dei, 1887);
[Pianta e Alzato dell’obelisco del Pian del Lago, Luigi Sgrilli, [1788] (ASS, Quattro Conservatori. Mappe, cc. 273-274).
Altra documentazione in:
ASS, Quattro Conservatori, ff. 2058, 2059; ASF, Segreteria di Finanze ante 1788, f. 990; ASF, Miscellanea di Finanze A, f. 93.

Operatori

Pierantonio Morozzi (matematico e ingegnere granducale, 1701 ca.); Leonardo Ximenes, matematico granducale (1765 ca.); Donato Maria Fini (ingegnere, 1765 ca.); Alessandro Nini (ingegnere granducale, 1766 ca.); Bernardino Fantastici (ingegnere senese, 1769, 1777-1781); Florenzio Razzi (ingegnere senese, 1769); Gaetano Conti (1769); Francesco Bombicci (1769); Pietro Ferroni (matematico granducale, 1777-1788); Alessandro Tanini (capomaestro, 1777-1778); Anastasio Anastasi (ingegnere senese, 1777-1778); Salvatore Piccioli (ingegnere granducale, 1788).

Riferimenti bibliografici e archivistici

Barsanti e Rombai, 1986; Bizzarri, 1938; Dei, 1887; Tramacere, 1999-2000. ASS, Quattro Conservatori; ASF, Segreteria di Finanze ante 1788; ASF, Miscellanea di Finanze A.

Giovanna Tramacere (Siena)